vol-86La contaminazione culturale è sempre stata foriera di crescita intellettuale e di progresso non solo artistico, ma culturale in senso lato. Dall’Impero Romano ad oggi, l’Italia è stata la meta di artisti, scrittori ed eruditi, che soggiornavano lunghi periodi di tempo nel nostro paese per ammirare luoghi, paesaggi, monumenti e opere d’arte, frutto del grande genio italico, per cercare, in ultima analisi, le radici più profonde della cultura occidentale.

Dal Settecento in poi, si è delineato il cosiddetto “Grand Tour”, cioè lungo viaggio nell’Europa continentale effettuato da parte dei più grandi intellettuali, artisti, poeti, scrittori e dai ricchi giovani dell’aristocrazia del tempo, che includeva anche le città più importanti dell’Italia (Torino, Milano, Venezia, Firenze, Napoli e Palermo); inevitabilmente, la destinazione ultima restava Roma, il centro del mondo antico, che con le sue vestigia millenarie era il punto d’arrivo del viaggio.

Montaigne, Montesquieu, Stendhal, Goethe, De Sade, Koch, Dürer, Renoir, Picasso, Schute, solo per citarne alcuni, e moltissimi altri, successivamente, hanno celebrato l’Italia in opere che ripercorrevano il loro viaggio.

L’Italia, come già accennato, con la sua eredità della Roma antica, con i suoi monumenti, divenne uno dei posti più popolari da visitare. Oltre alla conoscenza del mondo antico, gli europei, così, vennero a contatto con le opere di Palladio e con il Neoclassicismo. Durante il viaggio, i giovani potevano acquistare, secondo le loro possibilità e i mezzi, numerose opere d’arte e d’antiquariato e visitare le rovine di Roma, ma anche di Pompei ed Ercolano, che erano state recentemente riscoperte. Tra le tappe più importanti del “Tour” vi era sicuramente la visita di Napoli e dei Campi Flegrei, che offrivano la possibilità visitare sia i siti archeologici che i fenomeni naturali, quali le attività vulcaniche.

Tuttavia, nell’anno 2014 di nostra vita, i viaggi e gli spostamenti da una parte all’altra del globo, sono troppo spesso virtuali, affidati al web, ai social network e alle infinite virtual gallery. E anche quando diventano reali, i nostri “viaggi” perdono d’importanza, si riducono a pochi giorni consumati in fretta in qualche luogo, scelto secondo le mode del momento, mete di cui a volte ignoriamo tradizioni e cultura; tutto si trasforma in un last minute, che ci fa perdere il senso e il significato del viaggiare.

In definitiva, nonostante l’enorme possibilità dell’uomo post-moderno di spostarsi, sempre più velocemente e a basso costo, egli ha perso il senso del “viaggio”, la curiosità e l’entusiasmo della scoperta, tipica, ad esempio, dell’homo viator medievale.

Pertanto, l’Associazione Internazionale dell’Arte ha promosso, con enorme entusiasmo, un “Grand Tour” al contrario, dall’Italia verso San Pietroburgo, per far conoscere al grande pubblico russo lo status quo dell’arte italiana ed internazionale contemporanea.

“Arte senza frontiere” è, infatti, il titolo della collettiva che racchiude 103 artisti e 150 opere d’arte in esposizione presso la Galleria Centrale dell’Unione degli Artisti di San Pietroburgo, che si terrà nell’omonima città dal 22/12/2014/ al 06/01/2015.

Nello stesso momento in cui a Torino si tiene una mostra sull’Avanguardia russa, “da Malevič a Rodčenko”, l’Associazione Internazionale dell’Arte organizza uno spazio culturale a San Pietroburgo volto all’incontro e al confronto tra artisti, dove fisicamente il pubblico, i critici e i mercanti d’arte potranno vedere fisicamente l’arte italiana ed internazionale contemporanea.

Questa collettiva è una contaminatio di stili e di tecniche: dall’astrattismo geometrico al paesaggismo, dall’acrilico alla cementite, dall’espressionismo alla fotografia digitale, dall’olio al caffè su tela, dalla flash art all’espressionismo, dal soft pastel alla china, dal trompe-l’œil al post-impressionismo, dal dripping alla spray art, dal realismo all’arte fantastica.

In definitiva, si è in presenza di ciò che si può definire “sincretismo o eclettismo artistico” ovvero, “post-modernismo artistico” e cioè, per usare la parole di B. Lewis e di K. Ishiguro, “della narrativa Postmodernista, che si caratterizza per il disordine temporale, il disprezzo della narrazione lineare, la commistione delle forme e la sperimentazione nel linguaggio”.

San Pietroburgo è sembrata la città ideale per realizzare questo “Grand Tour” dall’Italia alla Russia, per realizzare una collettiva unica nel suo genere.

Infatti, Pietro I il Grande, nella seconda metà del XVII secolo, si rivolse all’Italia e chiamò alla sua corte artisti e architetti italiani per realizzare quella che doveva diventare la magnifica capitale, ancora oggi definita da tutto il mondo la “Venezia del Nord”, così chiamata per il numero di canali che ne caratterizza l’impronta urbanistica. Accanto ai maestri russi, anche architetti italiani (N. Michetti, F. Camporesi, G. Chiaveri, B.F. Rastrelli, C. Rossi, G. Quarenghi) e ticinesi (G.M. Fontana, D. Trezzini) lavorarono, quindi, alla progettazione delle sfarzose edificazioni di San Pietroburgo, tra le quali, si ricorda l’Ermitage, celeberrimo museo all’interno del quale si trova la più grande collezione di quadri del mondo.

Il sodalizio artistico ed umano tra l’Italia e la città di San Pietroburgo è così dimostrato non solo perché all’interno dell’Ermitage troviamo numerose opere di artisti italiani (come, ad esempio, “L’Annunciazione” di Cima da Conegliano, “Giuditta con la testa di Oloferne” di Giorgione, “Il Ritratto di dama” di Correggio, “Il Ragazzo accovacciato” attributo a Michelangelo, “Paride” e “La Testa di Elena” di Canova), ma anche dal fatto che la sua collezione comprende le opere di molti artisti russi ispirate alle tappe italiane del già citato “Grand Tour”. A tal riguardo, è esemplificativo il dipinto dal titolo “Gli ultimi giorni di Pompei” di Karl Pavlovič Brjullov, che raffigura la tragica eruzione del Vesuvio del 79 d.C., che distrusse le città di Pompei, Ercolano e Stabia. L’opera venne iniziata nel 1827 durante il viaggio che i due fratelli Brjullov fecero in Italia per assistere agli scavi archeologici di Ercolano e di Pompei. Si racconta che Karl cominciò ad abbozzare l’opera dopo aver assistito alla rappresentazione teatrale “L’ultimo giorno di Pompei” dell’amico compositore Giovanni Pacini, a Napoli nel 1827.

Per tutto quanto sopra esposto, un grande e meritato plauso va, senza ombra di dubbio, all’Associazione Internazionale dell’Arte, la quale, in un momento di grave crisi culturale ed economica, si è assunta l’onere e l’onore di realizzare una collettiva di notevole importanza artistica.

Prof. Dr. Simone Fagioli

critico e storico dell’arte

Per info:

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mob. 3299086196

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